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Dai Piani di Pezza al Rifugio Sebastiani – parte II

Dai Piani di Pezza al Rifugio Sebastiani, una salita sino ad oltre duemila metri. La natura abruzzese di Rocca di Mezzo, nel Parco regionale Sirente-Velino. Dal Diario di Viaggio di Michele Di Mauro.
Rifugio Sebastiani - Abruzzo - Piani di Pezza - Michele Di Mauro
Rifugio Sebastiani - Abruzzo - Piani di Pezza - Michele Di Mauro

Dai Piani di Pezza al Rifugio Sebastiani, parte II di una emozionante salita sugli Appennini. In breve si giunge all’inizio del sentiero CAI che porta al Rifugio Sebastiani (articolo precedente QUI), la salita è composta di zone rocciose scoperte e riparo boschivo; la natura abruzzese sa regalare intense emozioni.
Nel tragitto, con una certa cadenza si incontra la segnaletica del CAI; alle tabelle segnavia sui paletti si alternano le segnalazioni sulle pietre, pennellate di rosso e bianco, le quali indicano che si è sulla strada giusta.

Verso il Rifugio Sebastiani – Diario di Viaggio

“[…] Il pianoro è accogliente, tutto avvolto da vette che in alternanza disegnano angoli acuti e meno accentuati, altre sono morbidi colli che seguono un andamento sinuoso. Più in basso alcune vacche si spostano in gruppo, dandomi l’impressione che in questi luoghi si pratichi ancora una forma di transumanza, conferendo ulteriore carisma alla traversata. Perso in una divagazione Texiana, mi scopro a pensare a quale sarebbe il punto preferibile per accamparsi, magari al sicuro da agguati notturni da parte di indiani o fuorilegge. Un buon fuoco ed una pietanza che ribolle nella padella, chiudono l’avventurosa digressione. E’ tempo, infatti, di puntare verso il Rifugio Sebastiani.

Route nazionale AGESCI del 1986

In questo luogo si respira la storia dello scoutismo, della Route Nazionale AGESCI del 1986 mi è stato raccontato ed ho sempre provato ad immaginare quanto intensa sarà stata l’esperienza. Condividere questi spazi ampi con tanti altri scout, con lo stesso spirito, con la stessa voglia di aggregazione e di apertura alla vita mi emoziona anche oggi, che tanto più ragazzo di certo non sono.

In rete è possibile reperire del materiale video della Route Nazionale AGESCI del 1986: una distesa di tende ricopriva gran parte dell’appezzamento, in un accampamento brulicante di giovani attraversato da una strada bianca curvilinea, la stessa che ripercorro quest’oggi per giungere al punto da cui iniziare la salita verso il rifugio. Qui, Papa Giovanni Paolo II celebrò una messa e l’altare è ancora lì a testimoniare l’evento.

Il sentiero CAI

La prima salita del sentiero CAI è abbastanza agevole, a patto di avere delle scarpe da trekking anche le articolazioni ne risentono relativamente. Qua e là incontro gente (sempre nelle parti più semplici, mica in quelle più impegnative…), sono immerso nei faggi e gli odori e la frescura accompagna i miei passi. Il grosso masso, segnato dal CAI è un buon compagno di sosta, bagno le labbra e ricontrollo l’altezza dei bastoni da trekking, migliorabile.
Più avanti il percorso è scoperto, il sole si sente, consola la bellezza del panorama, fatto ora di rocce calve solo in piccola parte coperte da arbusti. Salendo, tutto si fa più ripido, in alcuni punti preferisco riporre l’attrezzatura e superare l’ostacolo arrampicandomi sulla pietra, che mi appare più sicura, meno mobile. Ma si tratta di scelte personali.

Il fascino della montagna

Man mano che i metri sotto i piedi si fanno importanti, il panorama cambia e lo sguardo corre verso le cime, che con il bel tempo sono ben visibili. Certo, il fascino della montagna con grigiore del tempo autunnale ed invernale è altra cosa, ma questi luoghi ne riservano una buona dose anche così. Tempo dopo, sono al tabellone segnaletico del Club Alpino Italiano, quello che mi comunica che, volendo, ci sarebbe da inerpicarsi sino al Velino, da qui. Un brivido mi percorre, è da tempo che non mi avventuro in salite del genere e non so bene cosa aspettarmi, non essendomi documentato. Un barlume di lucida maturità fa capolino, non è per oggi. In più, a pomeriggio il meteo dovrebbe cambiare, non è il caso di sfidare la natura in quota. Tiro dritto per la via del Rifugio Sebastiani, che già, nell’ultima ora, si fa ripida.

Prima di quanto attendessi, alcune nuvole iniziano a farsi vedere in lontananza, verso la cima ce ne saranno alcune ad aspettarmi. La natura qui è maliosa, accarezza le corde giuste e fa apprezzare l’intrigo dal sapore ancestrale, fondato sul binomio uomo-natura, tra amore e competizione. Quella sana, però, quella fatta senza barare, con onestà.

Il Rifugio Sebastiani, 2150mt

Rifugio Sebastiani, 2150mt. L’ultima parte rocciosa lo nasconde, poi si mostra, con un costone di monte alle spalle. E’ un riparo accogliente, con spazi dove trascorrere del tempo e ripararsi dalle intemperie. Ne approfitto per una breve sosta e per le mie fotografie. Riprendo fiato, assieme alla mia compagnia decidiamo di fermarci giusto quanto occorre per rifocillarci, le nubi si sono fatte più insistenti e farsi sorprendere qui da un acquazzone non è tra le opzioni.

Il profumo delle pappardelle al ragù di pecora aleggia nell’aria, con delizia ci si muove attorno al rifugio dedicato a Vincenzo Sebastiani, colui che individuò il punto dove erigerlo, ingegnere e caduto medagliato durante il primo conflitto mondiale. E’ ora di scendere, non prima, però, di aver lasciato lo sguardo lanciato oltre le cime. Sazio di una diversa prospettiva guadagnata e da far mia, comprendo dalla compagnia che è maturo il tempo, un ultimo saluto alla bandiera del Parco regionale Sirente-Velino e ci si mette in marcia.”.

Dai Piani di Pezza al Rifugio Sebastiani, la prima parte QUI

L’articolo sul mio blog QUI

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