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Palmenti di Pietragalla, tradizione contadina in Basilicata

Architetture semplici e ritmi di vita scanditi dalla natura, i palmenti di Pietragalla servivano per la pigiatura dell’uva e la sua conservazione.
Pietragalla, Palmenti. Foto: Michele Di Mauro
Pietragalla, Palmenti. Foto: Michele Di Mauro

Palmenti di Pietragalla, tradizione contadina in Basilicata. Nel cuore della Basilicata delle tradizioni, i palmenti di Pietragalla sono una testimonianza della vera civiltà contadina, legata a doppio filo alla terra e ai frutti che questa dona ogni giorno. Le strutture, parzialmente ipogee, sono scavate nella roccia e al loro tempo rappresentavano quello che oggi definiremmo un laboratorio del vino, lì dove l’uva riceveva la sua pigiatura e veniva trasformata in mosto. Da questo, a divenire il nettare degli dei (non me ne voglia l’idromele), era questione di tempo.

Palmenti di Pietragalla

Gioielli dell’architettura popolare, così ebbi a definire i palmenti di Pietragalla durante quando mi recai in Basilicata. Le loro forme, sinuose come il ripetersi di aspre colline, celano gli ambienti freschi che il lavoro dell’uomo ha saputo creare con i materiali che la zona forniva, pietra e terra. Questo, per creare il giusto isolamento termico per la lavorazione e la conservazione dell’uva; all’interno delle vasche, infatti, la temperatura si mantiene costante, favorendo la fermentazione del mosto.
La produzione vinicola era, ed è, una delle fasi che scandisce i ritmi della vita in campagna, i quali si intrecciano con quelli della natura e le cui attività culminavano nella vendemmia, momento cardine dell’anno. La cura delle viti, la raccolta degli acini e, dunque, la pigiatura dell’uva, gesti che si ripetono con cadenza annuale, ininterrottamente, ed attorno ai quali si è creata nei secoli un’aura di misticismo, di spiritualità e di tradizione contadina in Basilicata.

Tradizione contadina in Basilicata

Osservando i palmenti di Pietragalla e gli affascinanti ambienti circostanti, si comprende agevolmente come questi non siano semplicemente luoghi di lavoro, costruzioni dove manipolare le materie prime, bensì il fulcro di una cultura che oggigiorno appare lontana per tempistiche e tecnologie.
Ai tempi odierni è difficile immaginare l’atmosfera popolare, la genuinità della lavorazione ed il clima festoso a cui ciò dava vita; la socialità che il vino contribuiva a creare radicava saldamente il legame dell’uomo con la terra. Ancor più chiaramente emerge l’importanza di preservare il patrimonio storico-culturale, oltre che architettonico, dei palmenti di Pietragalla, perché le tracce del rapporto delle genti con la natura non si perdano e si tramandino i valori della tradizione contadina in Basilicata, come nel resto della Penisola.

La semplicità delle architetture

La semplicità delle architetture dei palmenti cattura lo sguardo, a prima vista ed in lontananza appaiono come minuscole abitazioni arroccate su di un colle; man mano che ci si avvicina se ne comprendono le dimensioni e la connessione con il suolo. Quest’ultimo aspetto contribuisce ad accrescerne l’effetto scenico e la magia.
I palmenti di Pietragalla sembrano lì da sempre, sono incastonati nella Basilicata del potentino ed i tetti dei brevi edifici sono ammantati di un verde da muschio del Presepe. Piccole porte si susseguono al di sotto degli archi, in quello che pare un villaggio in miniatura, a breve distante dal paese in scala uno a uno.

Il borgo di Pietragalla

Il chiarore della pietra del borgo di Pietragalla rende incantevoli gli edifici, visitare le vie che si inerpicano è un percorso attraverso la storia della Basilicata. Risalendo le strade della città antica si incontra il palazzo ducale Acquaviva d’Aragona, austera tenuta nobiliare curata e maestosa. Passeggiare tra gli scorci medievali di Pietragalla è rilassante, la frenesia è ben distante e il tempo, qui, porta un passo flemmatico, lascia che ogni fotografia sia debitamente ponderata. E questo, personalmente, lo ritengo di concreta importanza.

Foto: Michele Di Mauro
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