L’altra Orvieto, frammenti di vita ordinaria. L’aver lasciato il mezzo in un parcheggio al di sotto dello sperone naturale che sorregge il paese ha dato il via ad un breve tour tra le rocce, oltre a somministrare una discreta dose di scalini (sono comunque presenti le scale mobili). Potrebbe apparire uno slogan pubblicitario, ma la convinzione rimane quella che Orvieto sappia essere affascinante fuori e dentro. Ogni passo nel centro storico del paese sembra metter pace tra passato e presente, pochi elementi riportano al secolo attuale. Camminare tra le sceniche viuzze porta quasi a sentire un profumo di legno antico, cera d’api, che si mescola a quell’aroma di erbe che talvolta fanno capolino dalle secolari strutture in pietra.
L’altra Orvieto
Al di là dei capisaldi della visita della città vecchia, l’altra Orvieto è quella dei vicoli che non presentano, apparentemente, legami con l’epoca moderna. Quelli che mantengono intatte le strutture di un tempo e che stregano proprio per la loro appartenenza ad un mondo dimenticato. Maliose porzioni dove le alte e solide pareti sorreggono tetti che hanno visto innumerevoli piogge e sono ancora lì a testimoniare com’era la vita allora. Ma non si tratta solo di questo, c’è anche una componente umana che fa riflettere. Senz’altro il centro storico di Orvieto sa mostrarsi brulicante di gente, specie durante l’alta stagione, ma conserva una sua vita. I negozi, le botteghe, oltre alle abitazioni, sono ciò che tiene in piedi un vitale tessuto fatto di rapporti, transazioni, movimento. Così, anche le stradine all’apparenza meno attraenti, nascondono intriganti momenti di vita ordinaria.
Un’accogliente via senza uscita si chiude davanti a me, i palazzotti che la compongono sono il richiamo a una verticalità senza estremismi, curati e tenuti bene. Passando sotto l’arco la luce cambia e si riprende i suoi spazi, mentre le finestre sembrano illuminarsi di riflesso. I punti in cui gli intonaci cedono il passo alla pietra viva rivelano le tinte tenue dei materiali, ancor più calde di quelle in uso per coprire la pietra. Qui e là gente con un passo che parrebbe non essere condizionato dalle logiche di estemporaneità tipiche di oggi, rincasa dopo aver fatto la spesa.
Il mercato di Palazzo del Popolo
Proprio sotto uno dei più importanti fabbricati che costellano Orvieto vecchia, la vitalità del mercato riempie l’aria di incontri e conversazioni, oltre ai profumi delle merci, alcune davvero invitanti. Si vendono miele, frutta, articoli e accessori per vestire e ornarsi; gli ortaggi e verdure risplendono nella opaca luce di un mattino velato, e così pure gli oggetti in esposizione. Uno spaccato di vita quotidiana, all’ombra di Palazzo del Popolo, di suo già architettonicamente stuzzicante. Gradevole esempio di stabile pubblico, rispondeva alle esigenze di un contenitore di politica e istanze dei cittadini. Da sede del capitano del popolo, carica amministrativa tardo-medievale, oggi le sue sale sono adibite a spazi congressuali e per mostre. La Sala Etrusca del palazzo contiene alcuni dei reperti archeologici rinvenuti nell’area.
I caffè di Orvieto
L’altra Orvieto, certo, ma non troppo. Si tratti della parte più turistica o delle vie meno movimentate, il percorso trova sempre un caffè dove trascorrere qualche attimo di relax, riordinare le idee. Ce n’è uno che tende a rimanere nel cuore. Si apre al di sotto del porticato del Teatro Mancinelli, luogo d’arte e spettacolo dedicato al compositore orvietano, e gode di una veduta privilegiata su corso Cavour. Dall’alto della gradinata, intervallata da arcate a tutto sesto, la vista del viavai dell’arteria principale fa senza dubbio il suo effetto. Ognuno di uno stile riconoscibile e stimolante, i caffè di Orvieto sono punti fissi nel cammino che si compie alla ricerca dell’angolo più suggestivo del centro storico, compito entusiasmante.
Frammenti di vita ordinaria – Diario di Viaggio
“Immergersi in questa realtà è un po’ come varcare la soglia di un mondo dove la sabbia nella clessidra sembra aver rallentato il suo incedere, un luogo dove gli edifici narrano storie secolari e i vicoli si snodano come nastri di seta tra palazzi antichi. Fantasticando, la visione è quella di un mattino che si desta senza strattoni, ammantato di una luce dorata che filtra attraverso le persiane; un risveglio di sensi che oscilla tra fragranza di caffè appena tostato e passi che rumoreggiano sulla pavimentazione delle stradine. Sul palcoscenico della giornata salgono idealmente le genti per scambiare sapere e usi, e le luci sono quelle dei lampioni, avvolgenti di una luce calda e morbida.
A terminare una prima parte del reportage ci pensa l’esigenza di riordinare le idee davanti ad un buon caffè. Il taccuino attende di essere riempito, di sapere cosa conterrà il nuovo articolo, com’è andata la mostra fotografica. Decido di esaudirne ogni richiesta. In più, la visita di questo set cinematografico da pellicola sul ciclo arturiano, ha preteso una buona dose di energie ed ho da affrontare altre sette ore circa di auto. Sommate alle altre, fanno quattordici su trentasei della trasferta.”.
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