Abbazia di Santa Maria del Patire, complesso monastico di Corigliano-Rossano. Sila Greca, a nord-est del territorio le alture si fanno più morbide, l’asprezza delle cime lascia il posto ad un sinuoso andamento boschivo in cui vitali latifoglie ammantano le terre di Calabria.
Abbazia di Santa Maria del Patire
Risalendo dalla piana che conduce al mar Ionio, i tornanti della strada si susseguono conducendo ad uno spiazzo situato ad oltre seicento metri sul livello del mare, dove la natura avvolge le costruzioni del monastero. In epoca medievale, tra il XI ed il XII secolo, la struttura abbaziale mariana, il Pathirion, venne eretta a seguito della conquista normanna, quando il popolo norreno espanse il dominio sui territori del Sud Italia e con esso diede impulso alla diffusione del rito religioso latino. In questi luoghi eremitici sporgersi a contemplare la natura che digrada sino alle coste calabre è un atto di riconciliazione con la stessa, qui così maestosa e suggestiva da invogliare a sostare senza guardare il proprio orologio.
L’abbazia di Santa Maria del Patire, con la struttura monacale, ospitava i monaci della regola di San Basilio, i quali erano dediti alla copia dei testi, svolgendo l’attività amanuense. Luogo di cultura, fu attiva sino ai primi anni dell’Ottocento, quando l’espropriazione francese e la soppressione degli ordini religiosi portò all’acquisizione del complesso da parte di nobili privati locali, che non ne preservarono il sito.
Le tre navate di tufo giallo in cui sono divisi gli spazi interni della chiesa sono caratterizzate dalle colonne a sezione cilindrica e da absidi a semicerchio; il pavimento è in alcune porzioni contraddistinto dal sopravvissuto mosaico dalle rappresentazioni zoomorfe inscritte in cerchi.
Complesso monastico di Corigliano-Rossano, oggi
Gli edifici che compongono il complesso monastico di Corigliano-Rossano, comune di recente creazione (sino al 2018 Corigliano Calabro e Rossano erano due entità amministrative scisse), a partire dagli inizi del Novecento sono tutelati dal Demanio italiano ed affidato al Corpo Forestale dello Stato ed in seguito all’Arma dei Carabinieri del Reparto Biodiversità di Cosenza.
Le autorità sono collocate oggi in parte delle aree dedicate all’alloggio dei monaci, rimaste in piedi a seguito del terremoto del 1836 e restaurate nel secolo successivo.
I Giganti di Cozzo del Pesco
A breve distanza, salendo i pendii calabri si incontra l’Oasi naturalistica Giganti di Cozzo del Pesco, una distesa di castagni che veglia sulle alture del versante greco della Sila, presenti in quest’area calabra dal Medioevo. I monaci stabilitisi nel complesso monastico di cui faceva parte l’abbazia di Santa Maria del Patire, infatti, tra XIII e XVI secolo piantarono numerosi alberi di castagno, i cui frutti occorrevano agli stessi per la preparazione dei cibi, ricavandone farine per la panificazione.
L’Oasi WWF Giganti di Cozzo di Pesco merita di essere visitata senza fretta, godendo di ogni scorcio naturalistico che sa regalare e dedicandosi tempo per comprendere il valore del legame con la natura.
Diario di Viaggio, l’abbazia di Santa Maria del Patire
Aggirarsi tra i ruderi, tra gli alberi, rigenera lo spirito e carezza i sensi, passeggiare in questo luogo dalla storia e dagli aspetti naturalistici tanto interessanti, rende chiaro come mai i monaci basiliani scelsero questa località per impiantare il complesso.
L’abbazia di Santa Maria del Patire e le architetture che componevano il complesso monastico di Rossano sono a contatto con la natura della Sila, qui la ricerca della serenità interiore era (ed è) facilitata dall’aura di meditativa tranquillità che si gode tra le fronde degli alberi e dall’aria pura che si respira.
In una giornata che timidamente introduceva ad una mite estate, le ombrose chiome degli alberi che cingono la struttura hanno creato un fresco rifugio e si è potuta apprezzare la permanenza nella zona attrezzata di barbecue, panche e tavoli, che l’area offre.