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Codex Purpureus Rossanensis

Testimonianza della presenza bizantina sul territorio della Piana di Sibari, in Calabria, il Codice purpureo di Rossano è un evangelario risalente al VI secolo e di importanza storico-religiosa fondamentale. Oggi è visibile nel Museo diocesano e del Codex del paese calabro.

Codex Purpureus Rossanensis, l’antico manoscritto contenuto nel Museo Diocesano di Rossano. La storia di Rossano è un libro da leggere, le terre della Piana di Sibari, in Calabria, furono teatro di avvicendamenti nella signoria e Rossano fu per molto tempo un dominio bizantino. L’influenza greca, tra la caduta dell’Impero romano d’occidente e l’anno Mille, diede concreto impulso allo sviluppo socio-culturale, oltre che spirituale.

Codex Purpureus Rossanensis

Alla presenza bizantina, infatti, si ricollega l’espansione della regola basiliana di rito greco e la costituzione di monasteri; con essa, anche la diffusione di scritti sacri in lingua ellenica. Rossano, oggi frazione del comune che compone assieme a Corigliano Calabro (Corigliano-Rossano), custodisce una preziosa opera divulgativa redatta nel VI secolo, il Codex Purpureus Rossanensis. Lo scritto, rinvenuto nel XIX secolo, è contraddistinto dalla tinta color porpora di cui è impregnata la pergamena. Il testo miniato di Rossano non è, però, l’unico giunto sino a noi, essendo stati ritrovati altri manoscritti; la fattura con cui erano realizzati, difatti, era utilizzata per conferire valore al testo stesso, redatto in maiuscolo (scrittura onciale) e con caratteri in oro, in uso anche per documenti ufficiali.

Il Codex Purpureus Rossanensis è un evangelario minato, contiene porzioni dei vangeli di Marco e Matteo, arricchiti con miniature, disegni descrittivi delle scene inserite nelle pergamene. Le pagine sopravvissute sono poco meno di centonovanta, di quelle che si stima dovessero attestarsi all’incirca sulle quattrocento; in queste pergamene le quindici miniature sono tratte dai quattro vangeli e assieme al resto dell’evangelario è stato oggetto di un accurato restauro nel primo Novecento.

Il restauro del Codex

Il Codex purpureo di Rossano, così, trasferito presso l’Istituto Centrale per la Patologia degli Archivi e del Libro, facente parte del Ministero della Cultura, fu soggetto ad intensivi interventi di ripristino e consolidazione delle pagine, perché potessero essere consegnate alle generazioni future.

Museo diocesano e del Codex di Rossano – Diario di viaggio

Varcate le soglie del Museo del Codex, il cortile si apre ai miei occhi costeggiando il retro chiesa di Maria Santissima Achiropita, cattedrale di Rossano accedendo alla sala del Codex Purpureus Russanensis ci si cala in una meditativa e atmosfera di contemplazione di questo antico manoscritto dalle pagine rossastre e dai caratteri dorati. Le miniature portano a riflettere sulla difficoltà di rendere al meglio, con poche linee, un evento della vita del Cristo, fortificandone il concetto.
A differenza della biblia pauperum, in effetti, il codex non aveva il compito di rendere comprensibile anche a chi non fosse in grado di leggere le narrazioni dei Testamenti, bensì di rappresentare una più raffinata riproduzione degli stessi, in lingua greca e illustrata.

Il manoscritto è a riposo sotto una teca, periodicamente viene sfogliato e manutenuto, finanche l’illuminazione è tale da non metterne a rischio l’integrità; la visione delle tavole contenute è possibile attraverso strumenti multimediali, in particolare con la proiezione su uno schermo delle pagine. Una interessante spiegazione e i contributi videografici permettono, inoltre, di comprendere la portata dell’opera del Codex Purpureus Rossanensis, tra le Memorie del Mondo secondo l’UNESCO.  

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